Il filosofo Francis Bacon, nel 17° secolo, fu il primo a notare che le coste dell'Africa occidentale sembravano combaciare con quelle orientali del Sud America . Centocinquanta anni dopo, Benjiamin Franklin ipotizzò l'esistenza nel nostro pianeta di un nucleo sferico circondato da fluidi che rendessero così possibile il "galleggiamento" del guscio roccioso più esterno.
Nel corso dell'ottocento e del novecento, poi, si era raccolta tutta una serie di dati contrastanti tra di loro. Tra questi, la presenza di fossili di Mesosaurus, un rettile del Permiano, su entrambe le sponde dell'Atlantico meridionale. Il dato era curioso dal momento che il rettile non era considerato un nuotatore in grado di attraversare un oceano. La palla passava così ai geologi che conclusero che un tempo, probabilmente, i due continenti dovevano essere stati uniti da strisce di terra.
Altro fenomeno inspiegabile era la presenza ai tropici di morene di antichi ghiacciai, o le tracce di deserti di sabbia in regioni piovose. E come era possibile che si fossero trovate delle piante fossili a sole 400 miglia dal Polo Sud?
Nel 1912, un meteorologo tedesco, Alfred Wegener, ipotizzò lo spostamento dei continenti, fenomeno alla luce del quale, i dati sopra citati cessavano di essere inspiegabili.
Secondo Wegener un tempo i continenti erano uniti tra di loro in un solo continente: la "Pangea". Questa, successivamente, si fratturò in più parti che arrivarono poi ad occupare gradualmente le posizioni attuali dei continenti.
La comunità scientifica, soprattutto quella dei geologi, attaccò duramente Wegener contestando la parte più debole della sua teoria, quella cioè secondo la quale le varie parti della Pangea alla deriva si erano aperte un varco attraverso l'oceano, fenomeno, questo, che sfidava apertamente tutte le leggi della fisica.
Non fu la morte di Wegener, avvenuta nel 1939 durante una spedizione in Groenlandia, a porre fine all'acceso dibattito. Con il progredire della conoscenza del pianeta, infatti, aumentavano anche le prove a favore della deriva dei continenti.
Fu lo studio del fondo marino a produrre i primi interessanti risultati.
Già nel 1800 le navi che scandagliavano il fondo marino per la posa dei cavi telegrafici avevano rilevato la presenza nel centro dell'Atlantico di un rilievo montuoso. Con l'invenzione dell'ecoscandaglio fu possibile ricostruire una prima approssimativa mappa topografica delle regioni abissali dell'oceano. Furono poi impiegate tecniche geofisiche per valutare la densità e gli spessori degli strati rocciosi.
Una scoperta importante fu fatta nel 1947 da un'equipe americana che lavorava a bordo della nave oceanografica Atlantis: lo spessore dei sedimenti del fondo marino era troppo sottile rispetto ai lunghi tempi di sedimentazione che aveva avuto a disposizione. Negli anni '50 e '60 si aggiunse un altro tassello: la dimostrazione che sotto gli oceani correva un rilievo montuoso di 74.000 km, quella che sarebbe poi stata definita come la dorsale medio oceanica.
Ma ancora non basta, fu lo studio del fenomeno del magnetismo la tappa successiva di questo lento cammino verso la definitiva accettazione della teoria di Wegener. Infatti, quando una roccia fusa o del magma risale in superficie, le particelle di ossido di ferro presenti si dispongono orientandosi secondo le linee magnetiche e lì vengono immobilizzate con il processo di solidificazione. Queste particelle ci indicano così la posizione occupata dai poli magnetici al momento della formazione della roccia. Nel 1953 il fisico inglese P.M.S. Blackett creò il magnetometro astatico, uno strumento così sensibile da poter individuare anche i campi magnetici più deboli. Grazie al magnetometro astatico e allo studio della polarità magnetica delle rocce si arrivò ad un'altra sconcertante scoperta: l'inversione periodica dei poli. Come si poteva spiegare altrimenti la presenza di rocce nelle quali le particelle di ferro si erano orientate al momento della loro formazione secondo un campo magnetico che posizionava il nord magnetico nel polo sud?
Le inversioni più importanti si verificano ogni mezzo milione di anni e quelle minori, chiamate eventi magnetici, variano da poche migliaia a 200.000 anni. Sono proprio le inversioni a fornire agli scienziati un nuovo strumento per misurare i tempi geologici.
Grazie all'invenzione del Rilevatore Magnetico Aerotrasportato (ancora una volta il progresso trovava la sua premessa in una esigenza militare), furono possibili studi ancora più sofisticati dei fondali marini. Dopo essere stato modificato per essere usato a strascico dalle navi oceanografiche nel secondo dopoguerra, il Mad (Magnetic Airborne Detector) rese possibile la riscostruzione della strana disposizione delle strutture magnetiche del fondo oceanico.
Lungo i due lati dell'asse dorsale medio-oceanico si alternavano bande di rocce a polarità ora normale ora inversa. Non solo, nel Pacifico il geologo Hess aveva scoperto intere file di vulcani sottomarini che presentavano vari gradi di erosione. Hess, sulla base di questa scoperta e considerandola insieme a quella degli spessori troppo sottili di sedimenti arrivò a ipotizzare quanto segue: la roccia fusa che si trova all'interno della terra fuoriesce dal fondo marino creando la dorsale medio-oceanica. Si forma così un nuovo fondo marino che si espande ai due lati della dorsale. L'espansione o crescita delle placche oceaniche comporta una collisione con altre placche, di natura oceanica o continentale e se lungo la linea di collisione c'è subduzione di una placca sotto un'altra placca, si crea una fossa oceanica dove il mare raggiunge la massima profondità, fino a 11.000 metri.
Ma come dimostrare in modo scientifico tutto ciò?
Secondo i geologi di Cambridge Vine e Matthews, sostenitori della teoria di Hess, bisognava insistere sullo studio dell'alternarsi di fasce di rocce a polarità magnetica normale e inversa per arrivare a risolvere l'enigma. Le rocce che si trovavano sulla cresta della dorsale e nelle sue vicinanze erano caratterizzate dall'attuale polarità, il nord coincideva con il nord! Tali rocce erano quindi di recente formazione. Allontanandosi dalla dorsale, fasce di rocce a polarità magnetica normale si alternavano a fasce con polarità inversa. Il dato straordinario era che la disposizione di queste fasce era perfettamente simmetrica vale a dire che fasce con identica polarità erano equidistanti dalla cresta, segno questo che un tempo costituivano un'unica banda spezzatasi poi in due parti longitudinalmente. Questo confermava che il fondo dell'oceano si spostava veramente. Ma c'era chi voleva altre prove. Queste furono ottenute grazie alla Glomar Challenger, la prima nave di perforazione capace di operare anche nelle acque più profonde alla ricerca di nuovi giacimenti petroliferi.
Scandagliando il fondo dell'Oceano Atlantico tra l'Africa e l'America, gli scienziati della Glomar Challenger raccolsero una serie di carote contenti fossili dai quali risultava che, a mano a mano che ci si allontanava dalla dorsale, l'età del fondo oceanico aumentava in modo direttamente proporzionale. Bene, si era dimostrato che Hess, e prima di lui Wegener, avevano ragione ma restava ancora una questione a cui occorreva dare una risposta. Se dalla dorsale usciva materiale che formava nuova crosta e se questa crosta si spostava allontanandosi da essa, dove finiva poi tale crosta? Come già era successo con il Radar aerotrasportato, fu una necessità di carattere militare a dare il via a una serie di sperimentazioni ed esplorazioni che portarono a risolvere il problema. Infatti un trattato del 1983 permetteva gli esperimenti nucleari esclusivamente sottoterra. Venne quindi messa a punto una nuova tecnologia sismologica per il controllo degli esperimenti sotterrane e vennero installate più di 125 stazioni simografiche in tutto il mondo.
Proprio i dati raccolti da queste stazioni hanno confermato l'ipotesi di Hess secondo la quale la crosta che si spostava veniva "consumata" nelle fosse oceaniche.
Era giunti il tempo di accettare la rivoluzionaria teoria della "Tettonica delle placche":
GLI EFFETTI DELLO SPOSTAMENTO DELLE PLACCHE
Abbiamo visto fino ad ora come il guscio esterno della Terra sia composto da grandi placche che si estendono per migliaia di chilometri ma che hanno uno spessore molto sottile, dell'ordine circa di 50-150 km.
Le placche formano la LITOSFERA poggiata su uno strato di roccia parzialmente fusa, ossia la ASTENOSFERA.Quali effetti provoca lo spostamento delle placche?
Se due placche si allontanano viene creata nuova crosta e si forma una dorsale oceanica. Se invece si scontrano, come avviene lungo il perimetro del Pacifico, si ha una "distruzione" di crosta. Lungo questa linea si trova la cosiddetta zona di subduzione in cui una placca si infila letteralmente sotto l'altra. La pressione di questo movimento fa accortocciare la placca superiore creando sul suo bordo delle catene montuose. E' questo il caso delle Ande.
Nel caso in cui le due placche in collisione siano continentali (vedi l'India e la placca euro-asiatica), non si verifica il fenomeno della subduzione. L'impatto fa spostare la crosta verso l'alto fino a formare grandi catene montuose come l'Himalaya.
Infine, può succedere che le placche scorrano l'una rispetto all'altra, come lungo la faglia di Sant'Andrea. In questo caso l'effetto principale non è né la costruzione né la distruzione di crosta ma i terremoti.
Esiste però un altro caso: in alcuni luoghi una colonna di magma che sale all'interno del mantello crea un punto caldo, hot spot, che fa fondere la placca sovrastante. In questo caso si iorigina un vulcano e, man mano che la zolla si sposta sopra il punto caldo, una serie di vulcani: è questo il caso delle Isole Haway.
L'ETA' DELLE PLACCHE
Grazie ai rilevamenti eseguiti nel corso di tutto il '900, è stato possibile dare delle età alle varie zone della crosta terrestre. Sulla terraferma, sulle placche continentali, sono state trovate delle rocce che risalgono a 3 miliardi e 800 milioni di anni fa. Invece la roccia più antica ritrovata nel fondo marino risale a meno di 200 milioni di anni fa. Nei precedenti paragrafi abbiamo spiegato il perché. Lo spostamento delle placche, la subduzione nelle fosse oceaniche ci hanno chiarito come il fondo marino in pratica si rinnovi periodicamente.
Perché questo non avviene nelle placche continentali? Perché nell'America meridionale ha resistito la placca continentale e si sono formate le Ande ed è sprofondata nelle fosse oceaniche la crosta sottostante l'oceano? E perché nello scontro tra due placche continentali non si ha subduzione? La risposta è nella diversa densità delle rocce: la crosta oceanica è fatta di basalto ad alto contenuto di ferro, è una roccia quindi molto pesante. La crosta continentale, invece, è in gran parte granitica e il granito è costituito per il 90% da sostanze leggere. La crosta continentale, nella zona di subduzione, sovrasta la crosta oceanica che viene quindi sempre subdotta.
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